Diario
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L’importanza di leggere (e capire) i numeri

Dino Amenduni è un giovane analista e stratega che si occupa di nuovi media per conto di un’agenzia di comunicazione pugliese.
Da qualche tempo scrive un blog sul portale del quotidiano “Il fatto quotidiano”.
Posto questo interessante pezzo sui sondaggi politici italiani di questa ultima settimana.
E penso Dino abbia ragione.
Un conto sono i numeri, altro il racconto che ci viene propalato dagli “apparati ideologici”, altro ancora la sensibilità del paese reale. +
Quello che vivo io, nel sud del Paese, dice di non farcela più a sopportare anni di immobilismo.
Comunque la si pensi e si voti, questo nostro orticello ha bisogno di una bella scossa e di una nuova classe dirigente.
La parola all’analisi dei numeri.

“Sto leggendo i dati di due rilevazioni:

1. Ipsos (Nando Pagnoncelli), realizzato il 7 febbraio e reso pubblico durante il consueto appuntamento settimanale di Ballarò;
2. Demos (Ilvo Diamanti), realizzato tra il 9 e l’11 febbraio e pubblicato ieri da Repubblica;
Sono dati per certi versi incredibili, soprattutto dopo settimane in cui i media (e anche alcuni sondaggi) hanno continuato a ribadire che “il bunga bunga non sposta un voto”. Floris, durante l’ultimo appuntamento con il suo talk show su Rai 3, aveva parlato di un sondaggio particolarmente clamoroso, e non a torto. A quei dati, che sono sempre da interpretare sulla base di un trend temporale e mai sul dato crudo, si aggiunge un’altra rilevazione, anch’essa effettuata sistematicamente dall’istituto Demos, che non si discosta di molto dalle rilevazioni di Ipsos. Questi due sondaggi disegnano una nuova conformazione dell’opinione pubblica italiana. Incrociando i dati, provo a illustrare quali sono le principali interpretazioni che i rilevamenti autorizzano a portare alla vostra attenzione;

-          Il Pdl è sotto il 30%. Circa tre italiani su quattro non intendono votare Berlusconi;

-          La coalizione di centro-sinistra vince con qualsiasi configurazione e con qualunque candidato leader tra quelli “chiacchierati” in questi mesi. Anche se con differenti sfumature, a due o a tre poli, con Bersani, Casini o Vendola, il centro-destra perde sempre. L’unica eccezione a questa regola, per altro inverosimile, è che il Pd rompa con Vendola e Di Pietro e che questi ultimi vadano da soli, tra l’altro ottenendo un’incredibile risultato elettorale almeno stando alle rilevazioni di Diamanti (28%, solo due punti in meno della somma di Pd + Terzo polo. Vendola supererebbe così il 20%);

-          L’ipotesi di “tutti contro Berlusconi”, almeno per ora, porta a una coalizione che veleggia oltre il 50%. L’ipotesi “tattica” dell’alleanza anti-berlusconiana sembra dunque quella più blindata, ovviamente a condizione che si riesca a tenere insieme le forze politiche da Vendola a Fini e al netto di una campagna elettorale che, con questa configurazione, sarebbe molto facile per Berlusconi;

-          Nell’ipotesi a due poli, Bersani avrebbe un +10% nei confronti di Berlusconi; Casini addirittura un +12%. A tre poli, Bersani avrebbe un +4% (con Casini candidato al 19%) e Vendola sarebbe avanti di un punto rispetto al premier (con Casini al 21%), un dato che fece indignare Sacconi durante la diretta di Ballarò di martedì;

-          L’unico assetto premiante per il Pd è in compagnia di Sel e Idv. Nelle due ipotesi alternative (grande coalizione o in alleanza con il solo terzo polo), il Partito Democratico subirebbe un’emorragia di voti, nel primo caso verso destra, nel secondo verso sinistra. Nella migliore delle ipotesi, facendo la media delle due rilevazioni, il Pd si assesta attorno al 25% e dunque continua a calare con la stessa velocità del Pdl;

-          Isoliamo i trend delle forze politiche nell’intervallo temporale compreso tra le politiche 2008 e febbraio 2011, circa tre anni di storia politica italiana. Pdl: – 10%; Pd: -9%; Lega: +3,5%; Udc: +1,5%; Idv: +1,5%; Sel: +5% rispetto alla Sinistra Arcobaleno, somma di Sel + Fds. A questi vanno aggiunte le forze politiche non in lizza nelle ultime politiche: Fli, che vanta un 5% abbondante, e il Movimento 5 Stelle che viaggia intorno al 3%.

-          Il primo effetto del calo dei partiti principali è che Pdl + Pd sono intorno al 50%: il bipartitismo all’italiana è dunque definitivamente fallito;

-          Il 52% degli italiani pensa che Berlusconi è colpevole e non sarà condannato, il 59% che il premier continuerà a governare. Emerge un atteggiamento quasi arrendista dell’opinione pubblica, parzialmente compensato dal fatto che il 26% degli intervistati si dichiara pronto a manifestare continuativamente contro il Governo (dato Demos);

-          La fiducia degli italiani nei confronti di Silvio Berlusconi è al 30,4% (-4,6% in un mese). Sette italiani su dieci non si fidano più del premier. Nel frattempo Tremonti cresce di quasi 8 punti (50,4%, primo posto in assoluto, fatto salvo l’80% abbondante di Napolitano); Vendola di 7% (48,8%, secondo); Casini di quasi 5 punti (40,2%); Bersani di quasi 4 punti (39,2%). Persino Fini cresce di ben 6 punti, posizionandosi al 35,3%. In sintesi, cresce la fiducia in tutta la classe politica italiana (a sorpresa), eccezion fatta per Silvio Berlusconi.

Perché ho messo insieme tutti questi dati? Per una semplice ragione: sono profondamente sorpreso che nessuno, a sinistra o al centro, ne abbia parlato.

1. Nessuno ha detto esplicitamente, dati alla mano, che andando a votare Berlusconi perderebbe. Questo, in verità, si era intuito, ma è sempre bello dirlo ad alta voce, per galvanizzare gli elettori di sinistra e demotivare ulteriormente quelli di centro-destra;
2. Nessuno ha detto che Berlusconi ha perso circa tre milioni di voti in due anni e mezzo e che la storia della legittimazione popolare non regge, dato che tre quarti del Paese non lo votano;
3. Ma soprattutto, nessuno ha detto che la fiducia e il consenso personale di Berlusconi non è mai stato così basso nella storia recente dell’Italia. Nessuno sbatte quel 30% in prima pagina e il premier continuerà a confondere l’elettorato parlando di dati che non esistono, di sostegno popolare senza pari nel mondo occidentale.
So bene che fare la guerra dei sondaggi è poco elegante, ma anche fare la parte dei fessi lo è.”

Fonte:Il Fatto Quotidiano

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